racconto La Cantina


Autore Messaggio
sylvya
Larva
Messaggi: 7
MessaggioInviato: Dom, 10 Feb 2008 20:47    Oggetto: racconto La Cantina   

Ciao, questo racconto l'ho scritto qualche anno fa, fatemi sapere cosa ne pensate.Silvia

LA CANTINA

Forse non tutti sanno, o immaginano, che quando ci si mette in cerca di una casa, una casa da comprare, intendo, e quindi in cui vivere per un certo numero di anni, si devono valutare tutta una serie di fattori che vanno al di là del semplice,: quante camere ci sono? Quanti bagni? E’ calda in inverno e fresca in estate? E’ silenziosa ? Forse non tutti sanno che la prima cosa che bisognerebbe chiedersi quando si compra una casa è : da chi è stata abitata prima di noi?
E con questa domanda non intendo semplicemente le persone che vi hanno abitato nel periodo precedente al nostro, nooo, loro sono a posto, ma chi vi ha abitato nei secoli dei secoli?
Se quel maledetto quattordici febbraio del 1984 mi fossi posto questa domanda, Cindy, non sarebbe morta ed io non sarei dove mi trovo ora, nel manicomio criminale di Boston, dove, rinchiuso in una stanza rivestita di gommapiuma, questi pseudo-carcerieri, possono controllare, come direbbero loro, che io non leda la mia persona.
Ma cominciamo dall’inizio, cominciamo dall’ autunno del 1983, che con i suoi colori caldi faceva da sfondo a due giovani neo sposini americani, appunto, io, Arthur Miller, all’epoca rampante architetto in ascesa e la mia dolce metà, Cindy Marlow, giovane laureata in antropologia, che non aveva ancora deciso cosa fare nella vita ed impiegava il suo tempo facendo ricerca sui comportamenti umani in qualunque luogo si trovasse.
Fu per questo motivo che quando mi offrirono un importante lavoro in uno studio di Boston, Cindy mi seguì di buon grado e senza fare obiezioni, ricordo ancora adesso quello che disse quel giorno: “Dove vai tu, vengo io, siamo sposati ora!”
Già eravamo sposati allora, da appena un mese quando facemmo armi e bagagli e partimmo da Kansas City alla volta di Boston. Fu quello il periodo in cui cominciammo freneticamente la ricerca della casa, Cindy era come impazzita, voleva assolutamente trovarla prima di Natale, effettivamente l’appartamento dove ci eravamo sistemati in affitto non era un gran che ma, io in quel periodo, ero troppo assorbito dal nuovo lavoro per buttarmi a capofitto nella ricerca.
Così seguivo Cindy, quando potevo, nei tremila appuntamenti quotidiani che fissava con gli agenti immobiliari ma, nessuna delle case che vedevamo ci sembrava la casa perfetta.
A dire la verità non avevo nemmeno io un’idea esatta di come doveva essere questa casa perfetta ma, Sindy diceva continuamente che dovevamo trovare la casa perfetta e che semplicemente quando l’avremmo trovata avremmo saputo che era quella.
Nonostante però quell’assidua ricerca a cui lei mi sottopose in quei mesi, venne gennaio del 1984 e poi febbraio e noi non avevamo ancora trovato casa, fino a che un giorno un mio collega di lavoro mi disse che una sua pro zia aveva appena messo in vendita una villetta in campagna alle porte di Boston e che avrebbe voluto venderla solo a persone fidate e conosciute e che proprio per questo motivo non si sarebbe rivolta ad un’agenzia immobiliare. Mi propose di andarla a vedere il giorno stesso, poiché la proprietaria di lì a pochi giorni sarebbe dovuta partire per un paio di settimane e dopo non ci sarebbero state molte possibilità di visitarla.
Decisi così di andarci anche se quel giorno Cindy non poteva venire, aveva finalmente un colloquio di lavoro.
Così andai solo, e quello che mi successe quel giorno andò oltre qualunque previsione, visto il mio carattere tipicamente pacato, prudente e riflessivo.
La casa mi piacque a tal punto che decisi subito di comprarla, senza aspettare che la vedesse anche Cindy, firmai immediatamente il contratto, era lei, era la casa perfetta, pensavo.
Era grande ma, non troppo, divisa su due piani, al piano terra c’era una grande cucina, il salotto, il ripostiglio ed un bagno, ed al piano superiore c’erano tre camere da letto ed un altro bagno. Tutta la casa era poi circondata da un piccolo giardinetto, niente di principesco certo ma, nell’insieme faceva un bell’effetto.
Decisi così di andare a prendere Cindy dopo il colloquio, perché ero sicuro che se le avessi detto quello che avevo fatto al telefono, si sarebbe arrabbiata, invece complice il fatto che era il quattordici febbraio, giorno di San Valentino, le dissi che avevo una sorpresa e che doveva venire in un posto.
Così la portai alla casa e poi le dissi che era nostra, lei inizialmente rimase sorpresa, poi però, come presumevo, le piacque molto e disse anche lei che era la casa perfetta.
L’unica cosa che decisi volutamente di omettere a Cindy, fu il fatto che la proprietaria mi aveva fatto vedere che all’esterno della casa, sul retro, vi era una piccola porticina in legno verdognolo, logoro ed ammuffito, che effettivamente stonava molto col resto della casa, che era dipinta di un bel bianco candido, quella porticina portava, a quanto disse la donna, ad una fantomatica cantina, che però non era agibile perché la porta era stata sprangata dall’interno con una grossa trave di ferro.
Quindi anche se esisteva la chiave della porta, questa non poteva essere aperta per via della trave che la bloccava.
Sul momento, quando la vidi per la prima volta, sinceramente, non pensai nulla, anzi l’unica cosa che pensai fu che, forse c’era un altro accesso alla cantina dall’interno della casa, ma, la cosa mi passò quasi subito di mente e la proprietaria della casa fu abile nel dirmi, che per due persone la casa era già tanto grande che non avevamo certo bisogno di una cantina, ed io le credei.
Comunque non appena il fatto mi tornò alla mente, come dicevo prima, volutamente non lo dissi a Cindy, perché sapevo quant’era superstiziosa e paurosa, e sicuramente avrebbe pensato a chissà che cosa….riguardo a quella strana porta.
Così a giugno del 1984, eravamo già sistemati nella nuova casa e ne eravamo veramente entusiasti, non passava fine settimana senza che invitassimo amici a cena, per mangiare in giardino nelle serate estive, o in inverno nel grande soggiorno che Cindy aveva arredato con i caldi toni del rosso e dell’arancio. Era davvero una bella casa ed io e Cindy ne eravamo orgogliosi.
Il nostro primo anno a Boston passò così, sereno, e senza che nemmeno ce ne accorgessimo eravamo già all’estate del 1985.
Una sera mentre io stavo rastrellando le erbacce nella parte di giardino antistante l’abitazione, sentii Cindy che diceva :” Non capisco davvero perché dobbiamo tenerci questa orribile porta, sta marcendo sempre di più, e non c’è verso di aprirla nemmeno con la chiave!”
Mollai il rastrello e mi precipitai da lei, e la vidi chinata sulla serratura con l’intento di aprirla.
“Cindy, non si può aprire, perché non è una vera porta, non c’è nulla dietro, è solo una porta che per colpa di qualche architetto senza cervello è stata piazzata lì, ma in realtà è finta, dietro non c’è altro che il muro!”dissi.
“Ma tu come fai a saperlo, se è stata messa qui sicuramente porta da qualche parte, forse ad un sotterraneo, o una cantina, potrebbe anche farci comodo per contenere gli attrezzi del giardino!”
“No, io dubito che porti ad una cantina, Cindy, perché non è nemmeno segnalata sulla piantina catastale, vedrai che è come ti dico io…adesso vieni dentro che sta arrivando un temporale,” le dissi spingendola delicatamente in casa.
“Bè comunque un giorno di questi sarà meglio dipingerla quella porta perché è veramente orribile con quel colore verdognolo e non voglio che i nostri ospiti la vedano,” concluse Cindy.
“Certo cara, lo faremo, la dipingeremo di bianco come il resto della casa e dopo ci dimenticheremo della sua esistenza….”
Ma perché lo stavo facendo? Perché stavo mentendo a Cindy? Io sapevo benissimo che dietro quella porta c’era una cantina, me l’aveva detto la proprietaria della casa un anno e mezzo prima.
Non poteva essere che dopo un anno e mezzo pensavo ancora che Cindy si sarebbe impressionata a sapere che la porta era stata sprangata dall’interno, quello che ancora non sapevo in quel periodo però, era che inconsciamente, stavo solo cercando di proteggerla.
Nel periodo che seguì, Cindy sembrò di nuovo essersi dimenticata dell’esistenza della porta e non disse più nulla, chi invece non se ne era dimenticato affatto, ero io.
Anzi, dopo quel giorno in cui Cindy me l’aveva fatta notare, la mia mente non era più riuscita a pensare ad altro. Era stato come se per un anno e mezzo quella cantina non fosse mai esistita e poi all’improvviso era tornata prepotentemente al centro dei miei pensieri ma, perché?
Era ormai settembre del 1985, fu quello il periodo in cui cominciai ossessivamente a pensare alla cantina.
All’inizio cominciai semplicemente a fare delle piccole ispezioni alla casa, pensavo che se la porta della cantina era stata sprangata dall’interno, doveva esserci per forza un’altra entrata all’interno dalla casa.
Mi misi a cercarla.
Spostavo mobili, rasentavo il muro con il mio corpo per sentire se c’erano delle aperture segrete che ad occhio non erano visibili, alzavo tappeti, strisciavo sul pavimento cercando botole ma, niente di tutto questo. Nel punto esatto dove all’esterno della casa c’era quella maledetta porta di legno, all’interno c’era solo il candido e solido muro, e non c’erano segni di vecchie porte murate in un secondo momento, non c’era assolutamente nulla. Andai a controllare sulla vecchia piantina catastale della casa, risalente al 1810, e vidi che tutto era come allora, nessuno dei muri della casa era stato spostato o abbattuto, semplicemente non erano state apportate modifiche dalla data di costruzione. Notai che addirittura, non solo sulla carta non era segnalata la presenza della porta all’esterno ma, nemmeno della cantina c’era traccia, era come se non esistesse…proprio come avevo detto a Cindy, la mia bugia si era rivelata verità.
Per di più, in tutta questa mia ricerca, Cindy cominciò a diventare sempre più sospettosa, notavo gli sguardi sbalorditi ed allo stesso tempo preoccupati che faceva mentre io andavo su e giù per la casa, notavo che era sempre più in pensiero, l’unica cosa che non notavo allora, era che non era preoccupata come me per quella strana porta ma, era preoccupata….per me.
Nei mesi che seguirono quel settembre la mia ricerca cominciò a diventare sempre più affannosa e disperata, la notte passavo ore a girarmi e rigirarmi nel letto pensando ad una spiegazione logica per tutto ciò, la mia mente continuava a pensare che se la porta della cantina era stata sbarrata dall’interno doveva per forza esserci un’altra entrata, a meno che….chi l’aveva sbarrata non avesse deciso di chiudere dentro anche se stesso…
Questo pensiero s’impossessò sempre più di me, non mi faceva dormire ed in seguito neanche mangiare, ormai ne ero ossessionato, cominciai a passare ogni minuto che passavo in casa, là, davanti a quella porta malefica, a scrutarla e studiarla.
Così scoprii che la porta era stata si sprangata con una grossa trave dall’interno ma, c’erano comunque circa cinque centimetri in cui rimaneva aperta e attraverso quella fessura cercai infinite volte di guardare all’interno.
Nel frattempo però, per non insospettire Cindy, dipinsi la porta di bianco, del resto dovevo pur dare una spiegazione del tempo che passavo lì, e la cosa strana fu che mi accorsi, che più io la dipingevo e più lei il giorno seguente era di nuovo del suo colore originale, verde ammuffito, e più mi intestardivo a ridipingerla e più lei invecchiava e peggiorava. Notai anche che la porta emanava un odore estremamente sgradevole, un odore che la mia mente definì…tombale.
Questo strano fenomeno non fece altro che aumentare ancora di più la mia ossessione, a dicembre dello stesso anno avevo cominciato anche ad alzarmi di notte per scrutare cosa succedeva dietro quella porta, uscivo di casa in pieno inverno col pigiama ed una piccola candela che facevo passare abilmente attraverso la fessura che c’era fra la porta ed il muro, e poi con il viso appiccicato a quest’ultimo cercavo di vedere che cosa ci fosse all’interno.
Non riuscii mai a vedere molto a parte quella che probabilmente era l’ombra della mia mano ma, i rumori quelli si, erano veramente terribili, all’inizio mi sembrava semplicemente di udire uno scalpiccio, che collegai ai topi, del resto era normale, era una cantina, poi ascoltando bene però s’intensificava e sembrava un rumore di catene, catene vecchie ed arrugginite che strisciavano sul pavimento consunto.
Quegli episodi fecero nascere in me mille fantasie, e la voglia di entrare in quella cantina cresceva sempre di più, era come una forza che mi attirava verso di lei, nel frattempo però avevo preso a passare quasi notti intere ad ascoltare questi rumori, non mangiavo quasi più, non dormivo, nel mio viso si erano fatti largo sotto gli occhi dei vistosi segni bluastri, non andavo neanche quasi più al lavoro e poi c’era Cindy.
Ormai non sapevo più come giustificarmi con lei ma, di parlargliene era fuori discussione, perché mi avrebbe preso per matto.
“Arthur, non ti riconosco più, non so cosa ti sta succedendo!?”mi disse una mattina.
Non sapevo cosa risponderle perché sinceramente non lo sapevo nemmeno io che cosa stava succedendo, sapevo solo che dovevo sapere, dovevo assolutamente sapere che cosa si celava dietro quella porta.
“Niente Cindy, non riuscivo a dormire e volevo prendere un po’ aria, “ mentii spudoratamente.
“Bè, sono parecchie notti che vieni a prendere aria mi sembra..comunque ora è tardi devo andare al lavoro e sarà meglio che vada anche tu…”disse poco convinta.
Quella mattina, quando Cindy uscì, non andai al lavoro, dovevo fare una cosa molto più importante, dovevo telefonare alla vecchia proprietaria della casa che vi aveva abitato prima di noi.
Quando finalmente, dopo molta attesa, riuscì a rintracciare la donna al telefono, notai subito che mentre era tutta una lode per la casa, per il giardino, era invece molto restia a parlare di quella vecchia cantina allora decisi di andare io al sodo e le dissi : “Penso che ci sia qualcosa che vive in quella cantina.”
Dall’altra parte del ricevitore ci fu un attimo di silenzio e poi ebbi finalmente quella risposta che tanto avevo temuto ed immaginato negli ultimi mesi ma, che in realtà già sapevo.
“Lo so,”rispose.
Fui ad un passo dal mollare la cornetta e svenire ma, resistetti e con voce balbettante dissi:”Ccccosa?!”
La donna fece nuovamente un lungo sospiro dall’altro capo del filo e poi disse :”Se lo lasciate in pace non vi farà niente, potrete vivere altri cento anni in quella casa senza che vi succeda niente, senza nemmeno accorgervi della sua presenza, basta che lo lasciate in pace, non dovete per nessun motivo tentare guardare al di là della porta o di aprirla e tutto andrà bene.”
Dopo queste parole la donna chiuse la comunicazione lasciandomi pietrificato dal terrore, più volte provai a ricontattarla ma, senza riuscirci, poi pochi giorni dopo venni a sapere che era morta.
Le parole della donna continuavano a rimbalzarmi nella mente, quindi era vero, c’era davvero qualcuno o qualcosa nella cantina e che cosa voleva dire che dovevamo lasciarlo in pace? In fondo quella era casa nostra..!
In realtà dopo quella conversazione continuai lo stesso nel mio intento di scoprire cosa si celasse nella cantina e non per una sorta d’istinto di protezione del territorio ma, semplicemente per colpa di quel sentimento che spesso fa fare cose stupide agli uomini, la curiosità.
Era quella infatti che più di tutto mi stava logorando, ed era più forte del terrore, della paura di perdere Cindy, di perdere il lavoro.
Così una notte in cui avevo dato vita di nuovo al mio macabro rituale, mentre ero intento a scrutare nel buio angusto di quella cantina, la mano che avevo fatto passare all’interno della fessura e con la quale sostenevo la piccola candela, fu toccata da qualcosa, qualcosa di gelido e viscido, d’improvviso lasciai andare la candela per terra, il fuoco andò sulla porta che si contorse in una smorfia di dolore, che per un solo istante mi fece vedere quello che c’era al di là.
Vidi un antro buio ed angusto, col soffitto a cupola, era molto più piccolo di quello che mi ero sempre immaginato ma, la cosa più terribile era che all’interno c’era una figura trasparente, leggermente azzurrata, con una lunga barba bianca che si univa ai capelli anch’essi lunghi fino ai piedi, attorno a quel flebile corpo c’era una lunga catena di ferro arrugginito, ma l’unica cosa che era ben definita di quella figura erano gli occhi, erano rossi come il fuoco e mi fissavano e poi la porta risucchiò le fiamme ed in un attimo tutto sparì.
Caddi all’indietro sull’erba bagnata del giardino e goffamente mi rialzai terrorizzato da quanto avevo appena visto e corsi in casa, corsi su per le scale verso la camera da letto.
Improvvisamente la mia curiosità era stata appagata ed improvvisamente le parole della vecchia proprietaria della casa cominciavano ad assumere un significato inquietante e pericoloso, “non vi farà niente se lo lasciate in pace…”
Ma io non l’avevo lasciato in pace, io l’avevo disturbato, ed ora che prezzo avrei dovuto pagare per la mia insistente e morbosa curiosità? Dovevo trovare subito Cindy…dovevamo assolutamente andarcene…
Mentre questi pensieri mi frullavano freneticamente nel cervello, arrivai in camera, aprii la porta e vidi sopra il corpo di Cindy una specie di nube azzurrata che si dissolse in un secondo al mio arrivo e volò fuori dalla finestra dove si disperse per le campagne.
Mi buttai subito sul letto accanto a Cindy, all’apparenza sembrava tutto normale, mi avvicinai a lei, il suo volto era insolitamente fermo, sembrava che non ci fosse respiro…
Le toccai piano la spalla per svegliarla ma, non si svegliava.
Iniziai allora a scuoterla più forte ma, non si muoveva, non apriva gli occhi, allora con le mani sudate e tremanti accesi la luce e vidi….
Vidi che il piccolo collo di Cindy era contornato da lividi violacei, larghi quanto le dita di una mano……era morta.
Quel mostro si era preso la mia Cindy, rimasi a vegliare su di lei per ore tenendola abbracciata, e alla fine chiamai la polizia, ero certo che se avessi raccontato la mia storia dall’inizio mi avrebbero creduto per forza, era talmente ovvio..
Fui arrestato il giorno stesso con l’accusa di omicidio e sei mesi dopo venni giudicato colpevole ma, come dicono loro, incapace d’intendere, e fui rinchiuso qui, in questa stanza di gommapiuma, e questo è tutto.
Molte volte la notte incontro Cindy in sogno e lei mi dice : “Perché Arthur? Perché l’hai fatto, eravamo felici..” e poi sparisce in un vortice di luce azzurrata.
Temo sia convinta anche lei che sia stato io ad ucciderla….
Mostra prima i messaggi di:   
   Torna a Indice principale :: Torna a I racconti del forum Tutti i fusi orari sono GMT + 2 ore

Vai a:  
Non puoi inserire nuove discussioni in questo forum
Non puoi rispondere alle discussioni in questo forum
Non puoi modificare i tuoi messaggi in questo forum
Non puoi cancellare i tuoi messaggi in questo forum
Non puoi votare nei sondaggi in questo forum