Arrivare all’Alcatraz e constatare come il pubblico sia formato SOLO ed ESCLUSIVAMENTE da energumeni alti fino alla luna e con due spalle che non potete minimamente immaginare, mi pone una domanda esistenzialista: possibile che siano tutti qui per un concerto di happy metal?
Sì.
Spintono un po’ per entrare, ma attorno a me vedo solo braccia, muscoli, toraci, sguardi maligni, spalle enormi e cose così. Allora lascio perdere ed entro con calma, solo dopo aver chiesto permesso.
Una foto di rito, prima della bolgia metallica. Io sono quello cattivo.
Sono circondato da orsi di varie misure, e inizio a pensare che vedrò solo schiene villose tutta la sera, poi mi accorgo che c’è anche un palco, e addirittura un gruppo che sta suonando.
Gli Axxis, veterani tedeschi, che propongono un piacevole metal melodico con spruzzatine power. Mezz’oretta divertente, con un bassista che fa le facce peggio di Jeimz, un cantante che somiglia al pizzaiolo vicino casa mia e che headbanga nel modo più ridicolo della storia del rock, ma è carismatico e trascinante, e una cantante che ha addolcito i cuori degli energumeni che mi stavano di fianco.
I Gamma Ray propongono un set che abbraccia canzoni nuove (le più deludenti, nonché quelle più semplici e happy), vecchie (le magnifiche Heaven can wait e Rebellion in dreamland – tra l‘altro evirata della rocciosa parte finale, Land of the free) e vecchissime (la leggendaria Ride the sky, dal primo album degli Helloween).
Buono show, non eccezionale, sia per la set list che poteva essere migliore (assenti ingiustificate Beyond the black hole e Armageddon), ma anche per la voce di Hansen che dopo un po’ inizia a sparire. Però prima della fine regalano una strepitosa The silence (l’apice della serata) e una violentissima Somewhere out in space, allungata a dismisura.
Spazio quindi agli Helloween e alla loro scenografia mastodontica, con un pupazzone del gambler e una ruota della fortuna dietro la batteria GIGANTESCA di Dani Loble.
Sascha Gerstner è il chitarrista metal più emo che abbia mia visto, ma sorride e fa le boccacce e tira fuori la lingua e non piange mai una volta.
Anche qui spazio per una set list best of, che parte dalle epiche Halloween, Eagle fly free, March of time, e Dr Stein, passa per We Burn, Power e qualche altra dell’era di mezzo che non conosco, finendo con King of a 10000 years e alcuni nuovi e feroci estratti dal nuovo album. Spazio poi per un bis con un medley di venti minuti dove ci inseriscono di tutto.
Gruppo davvero in palla, Gerstner macina assolo in continuazione, Weikath addirittura sorride, Grosskopf è il solito pagliaccio da palco, Loble è un mostro (assolo di batteria di dieci minuti, intervallato da urla che manco George Corpsegrinder) e Deris regge bene, osando con gli acuti, anche se ovviamente le linee vocali delle vecchie songs sono leggermente cambiate per permettergli di respirare.
Delirante l’intermezzo comico, con Garstner, Deris e Grosskopf che suonano Smoke in the water con voce filtrata da bambino, prima di venire abbattuti dal mitra giocattolo di Weikath.
E poi c’è il gran finale.
Gamma Ray e Helloween insieme sul palco per suonare le storiche Future world e I want out. Quattro chitarre, due bassi, e un tuffo nel passato memorabile.
Peccato solo per le foto così così, ma c’erano alcuni bestioni - mi pare di avervi parlato di loro, sì, mi pare (uno in particolare, che era Dino Cazares, solo molto più alto e malvagio) - che non erano favorevoli al mio spirito giornalistico.
Happy happy Helloween, Helloween, Helloween
Happy happy Helloween, ooh oh oooh