De profundis


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samuele nava
Larva
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MessaggioInviato: Gio, 18 Ago 2011 11:26    Oggetto: De profundis   

DE PROFUNDIS

Era una prova di coraggio e lui stava battendo i denti. Ma era solo per il freddo. Per il vento che era arrivato improvviso, dal bosco, a raffiche gelide, e per la pioggia fredda, fine, che lo aveva sorpreso infradiciandolo con assurdi spruzzi orizzontali.
Era settembre e quella mattina aveva fatto il bagno in piscina. L'estate non era finita e si aspettava una calda nottata serena, alla faccia di tutti quelli del Club che lo avevano costretto a quella stronza avventura notturna. E invece freddo, pioggia, vento gelido.
Bestemmiò, per farsi coraggio, stringendo più forte le ginocchia al petto. Stava appoggiato con la schiena a un tronco, sotto al culo il sacco a pelo inzuppato d’acqua e aghi di pino. Poi cominciarono i lampi, i tuoni, e tutto il resto dell’armamentario di mister “temporale in montagna”.
Non aveva una tenda, e neppure un ombrello, non erano permessi: doveva passare la notte all’aperto, nel sacco a pelo, era quella la prova. Passare una notte da solo nel bosco degli scomparsi.
Merda! doveva andarsene alla svelta, aveva sentito dire che gli alberi attirano i fulmini, e lì di alberi ce n’erano parecchi. Cominciò a correre ma subito scivolò sul fango e le foglie marce del sottobosco. Si ritrovò a terra, le braccia strette al sacco a pelo arrotolato alla meno peggio. Niente panico, si disse, e fanculo alle prove di coraggio e agli idioti che l’avevano convinto a passare una notte in quel posto schifoso. Tentò di rialzarsi dal pantano ma subito ricadde. Stavolta il colpo alla chiappa gli fece male.
Strisciò sotto un pino. Tirò fuori di tasca il cellulare, tanti saluti all’orgoglio. Chiamò suo fratello maggiore.
Sei un cretino! così lo salutò il fratellone, poi gli disse di sbrigarsi a scendere dal monte, che lui era da quelle parti in macchina, con una tipa, e poteva raccattarlo.
Passare una notte in quel cavolo di posto, dove negli anni erano scomparse decine di persone inghiottite dal bosco, era una prova di coraggio da veri cretini. Aveva ragione suo fratello, doveva mandare a quel paese quelli del Club Studentesco. Idioti infantili.
Il sacco a pelo gli sfuggì di mano, si allungò per riprenderlo e il movimento lo fece partire: neppure sugli scivoli del parco acquatico si planava tanto bene. Ma da dove diavolo era venuto quel improvviso torrente d’acqua che lo trascinava nel buio? Gli venne da ridere. Se la racconto faccio ridere il mondo. Poi un colpo, una pietra affiorante sul terreno lo graffiò alla schiena,e quello che doveva essere una risata divenne un urlo. L’ironia si fece panico. Non era spettatore, era protagonista di quella sfigata notte del... Non riusciva a fermarsi, dove diavolo sarebbe andato a sbattere? Cadde a piombo in una fossa di fango. Non era una pozzanghera ma una voragine fatta di sabbie mobili. Senza fondo e senza argini.
Sì, va be’, sabbie mobili senza fondo e senza argini.... Allungò le mani mollando il sacco a pelo al suo destino, ma non trovò niente di solido a cui afferrarsi. Cazzo, è davvero senza argini! Si agitò, ma più si muoveva per tenersi a galla più si inabissava. Annaspava, tutto attorno pareva dissolversi nel fango. Nella pioggia.
Doveva calmarsi, nuotare, resistere. E respirare, respirare, respirare.
Un lampo illuminò il bosco. Forse per un gioco di luci e di ombre gli parve di scorgere qualcuno tra gli alberi. Non poteva essere già suo fratello. Di nuovo un movimento. No, nessuno, non c’era nessuno. E adesso, cosa doveva aspettarsi? Di ritrovarsi tra cadaveri galleggianti, i cadaveri della gente scomparsa nel bosco?
Piangeva. Era esausto. Respirava annaspando. La pioggia non calava di intensità. Le sue mani invocavano il mondo reale: portatemi fuori da questo incubo! Boccheggiava al livello del fango. La pioggia batteva violenta sulle sue lacrime.
Si teneva a galla con movimenti inconsulti che lo stremavano. Solo una mano tendeva all’esterno, al mondo. Una mano disperata, e poi... un’altra mano: forte, ruvida, callosa, lo afferrò. Gli strinse una caviglia e lo tirò giù.

Samuele Nava
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