Della serie: pensate bene a come vi comportate col prossimo
Da quanti anni ci conosciamo, Enzo, una vita vero? Dal primo di ragioneria, compagni di banco, poi la pausa del servizio di leva, non è che potevamo pretendere di stare insieme pure in caserma, no?
Al congedo ricominciammo ad andare al mare e ricominciasti a fregarmi le ragazze, come ai tempi delle superiori.
Ogni giovedì a calcetto, a te e la mania di tirare i rigori in riscaldamento come delle legnate, tanto quello in porta ero io!!!
Poi un pomeriggio mi proponesti coi tuoi modi da “imbonitore navigato” di mettere in piedi uno studio di amministrazioni condominiali? E perché no, dissi io.
Divenimmo i primi in città. Grazie anche a te, certo, ma quello che sfacchinava e correva dietro a pagamenti ed incassi ero sempre io. Tu supervisionavi ed incassavi le mazzette sottobanco... senza dividerle. Ma io che credevo nell’amicizia non ci pensavo più di tanto.
Al mio matrimonio mi regalasti un soggiorno esotico che si rivelò una truffa ed io e mia moglie finimmo in un residence africano sperduto.
Poi due anni fa mi sono quasi giocato le gambe: caduta da una scala di tre metri che tu non sapesti tenere ferma perché ti era venuta voglia di farmi svitare una lampadina su quel condominio del cavolo. Diciotto mesi di calvario ed operazioni. Tu pensasti bene di defilarti prendendoti l’ufficio e il guadagno. Io ero una palla al piede, mi dicesti, “l’amicizia è una cosa, il lavoro un’altra” furono le tue ultime parole.
Oggi ti ho chiesto di incontrarci sul vecchio campo di calcetto in periferia dove prima giocavamo ogni giovedì sera, ricordi? Vabbeh, oggi è domenica e non c’è un’anima viva, lo so perché lavoro come factotum: l’unico posto che sono riuscito a trovare a 45 anni.
Appena dentro il capanno degli attrezzi ti ho tramortito con una martellata alla tempia, o forse sei morto sul colpo, boh? Ti ho sistemato sul tavolaccio ed ho iniziato a segarti in pezzi e la tua testa ora è tra le mie mani. Un ultimo sguardo nei tuoi occhi vitrei, ti poggio a terra sul dischetto del rigore. Due passetti, mica posso più correre, tiro e gol. L’ultimo rigore lo segno io stavolta!