Il settimo giorno


Autore Messaggio
Thanatosso
«Larva»
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MessaggioInviato: Mar, 07 Lug 2009 14:05    Oggetto: Il settimo giorno   

Vi sottopongo questa storia, che ho scritto qualche mese fa, pronto ad essere impalato e lapidato. Ma sono masochista, dunque non esitate!


Com’è incredibile quando viene la notte… e tutti gli spettri che mi circondano cominciano ad urlare…
Sette giorni fa è morta la mia sorellina.
Aveva pochi anni, come me, perché siamo nati lo stesso giorno. Aveva pochi anni e l’hanno trovata appesa al soffitto per la gola, con uno strano laccio nero, di quelli che si comprano nei negozi per grandi… così ha detto il poliziotto in blu. Ha chiesto a papà: dove ha preso quel laccio? Come ha fatto a salire fin lassù? Ma papà singhiozzava e si piegava su se stesso.
Io non dovevo essere lì a guardare, dovevo essere di sopra a giocare… ma giocare con cosa? Giocare con chi?!
Sono passati sette giorni… ed io ho paura.
Mi sento in colpa, dice il medico della testa, perché l’ho sognata quella stessa notte. Lui scrive sul suo taccuino con gli occhi nascosti dietro le sopracciglia folte, ma poi io gli racconto il sogno; lui smette di scrivere e mi guarda… porta la mano tremante sui suoi pochi capelli.
C’ero io, nel sogno, e c’era papà. Era in pigiama, com’è sempre quando viene a darci la buonanotte la sera. Aveva di diverso però uno strano paio di guanti viola, che non gli avevo visto mai.
Eravamo a scuola e lui era il maestro. Ci insegnava come si punisce una donna, passando tra i banchi, facendosi burla di noi. Si fermava senza preavviso di fronte ad un banco, afferrava poi la mano del poveretto e la trafiggeva con la siringa, infilzandola sul tavolo.
Non mi credete ragazzi? Diceva, e poi: seguitemi, avanti… e ci portava tutti fuori. C’era fuori una torre bianchissima e quadrangolare, in cima alla quale c’era lei, chiusa in una prigione di vetro. Si schiantava contro le pareti, producendo sordi crepitii. Urlando scaraventava con violenza la sua testa contro il vetro, la stanza trasparente si riempiva di schizzi di sangue scuro, che poi colava dai bordi inferiori sulle pareti della bianca torre.
Quando, dopo non so quanti colpi disperati, la torre fu completamente rossa di sangue lei si scaraventò con le ultime forze rimaste contro il vetro.
Ma il vetro non c’era più, ed il suo corpo precipitò nel vuoto. Si distrusse ai miei piedi, smembrandosi sull’asfalto duro. Solo la testa rimase intatta e quando la presi tra le mani parlò. Rideva e mi riempiva di paura oscura.
Fra sette giorni, mi disse, tu sarai con me.
Dormi bene, bel bambino. Dormi bene, mio piccino.
Fai la ninna. Fai la nanna.
Mi svegliai di soprassalto, ma non fu per l’incubo che urlai.
Sopra di me, infatti, la sua ombra cigolante già oscillava.
Da quel giorno, ogni notte, mi sveglio da incubi di puro terrore, ed ogni notte sono più bianco, più sudato, più tremante. Il giorno, invece, non ricordo mai quello che mi terrorizza… ma la notte, quando gli spettri urlano, quando lui torna a trovarmi, il ricordo delle veglie passate torna a tormentarmi, ed io aspetto, tremolante, che il destino si compia.
Questa notte, la settima, sento una strana inquietudine nell’animo… ma non avrò paura, mi dico. La notte gli spiriti urlano, ma sono solo sogni, ed io non ho paura.
Così mi lascio cullare dal buio, e non so dire che ora fosse quando il sinistro cigolio mi svegliò, non so dire quando profonda fosse la notte. Le tenebre erano fitte, impenetrabili. Per un attimo pensai di scorgere ancora sopra di me il suo corpo pensile e pensai: oh Signore, no! Non di nuovo!
Ma il cigolio era scomparso, nella stanza regnava un silenzio tombale, e pensai fosse stato uno scherzo della mia testa.
Non era così. Nell’oscurità terribile non potevo vedere nulla, ma sapevo che lui era lì! E ricordai tutto.
Un brivido percorse tutto il corpo, feci per dire qualcosa. Chi diavolo sei?! Questo volevo dire, ma la mia voce non uscì a squarciare le tenebre. Ero diventato muto, solo un gemito tremolante scappò fuori dalla bocca spalancata. Ora lui sentiva la mia paura, poteva toccare il mio terrore!
Oh Dio! Fa che non abbia sentito! Ti prego, Signore, fa che non ci sia nessuno!
Ma non ero solo lì... riuscivo chiaramente a percepire la sua presenza, e si stava avvicinando!
Oh no… nessun rumore veniva dai suoi passi, nessun odore e nessun riflesso avevano le sue vesti! Quel mostro nemmeno respirava… potrei giurarci. Aveva gli occhi sbarrati nell’oscurità, per scrutare la mia anima in ogni impercettibile movimento, in preda al più completo terrore!
Come dicevo, sapevo con certezza, in maniera del tutto irrazionale, che lui si stava avvicinando, con la sua calma demoniaca. E con la stessa certezza mi accorsi, non so dopo quanto tempo, dopo quante ore, che lui era lì, a pochi centimetri da me!
Immobile! Statuario!
Volevo urlare, allungare una mano timida per toccarlo, ma avevo perso la sensibilità del corpo, scosso da brividi violenti. Avevo gli occhi sbarrati, sentivo i tonfi del mio cuore che batteva, più veloce, più veloce. Non riuscii più a controllare il terrore… cominciai ad ascoltare i miei gemiti soffocati che si mescolavano con parole invisibili. Chi sei tu?! Lasciami in pace… ti prego!
Fu allora che ebbi la certezza di percepire il suo volto terribile ad un centimetro dal mio. La pelle bianca raggrinzita… il suo corpo chino su di me. Mi sfiorava coi suoi guanti viola!
Sentivo i suoi occhi iniettati di sangue fissi sui miei, persi nel vuoto. Potevo sentire il suo fiato, ed il suo ghigno. Quel ghigno terrorizzante! Mostro maledetto!
Non mi avrai! Non mi avrai! Mai!
Poi, sopraffatto dal terrore, smisi di ricordare.
Le ultime immagini che possiedo sono poche, frammentarie.
Sono in piedi sul tavolo… sto legando il mio collo alla trave… sul soffitto... sto spingendo via il tavolo…
Sto venendo da te, sorellina. Su, andiamo… andiamo a giocare.
Com’è incredibile quando viene la notte… e tutti gli spettri che mi circondano cominciano ad urlare…
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